Si è svolto questa mattina, presso l'Aula Magna della Facoltà di Infermieristica della Università di Torino della AOU Città della Salute, un Seminario riservato agli studenti del secondo anno,
dedicato al Caregiving Familiare. Dopo l'introduzione e i saluti dei dottori Pietro Altini e Giovanna Lucenti, hanno preso la parola le neolaureate Marika Avaro e Giulia Buscemi, Gianandrea Mossetto per la Associazione GILOCARE Onlus e Chiara Moffa per l' Associazione Asvad. In conclusione due caregivers famigliari hanno portato la loro testimonianza. Qui di seguito il programma del Seminario. PROGRAMMMA 8.30-9.00 Rilevazione presenze e presentazione del programma e obiettivi dell’incontro dott. Pietro Altini e dott.sa Giovanna Lucenti 9.00-9.20 Visione Film «Go Now» 9.20-9.40 Figure di caregiver che emergono dalla visione del film Associazione Gilo Care Associazione A.S.V.A.D Altini e Lucenti 9.40-10.15 Presentazione dati tesi dott.sa Marika Avaro dott.sa Giulia Buscemi 10.15-11.45
Associazione Gilo Care 11.45-12.00 Pausa caffè 12.00-13.30 Demenza come malattia della famiglia
definizione di carico emotivo e stress di assistenza (con eventualmente brevi estratti di film esemplificativi) La relazione fra operatori sanitari e sistema famiglia
approccio farmacologico e approccio psicosociale e protesico (psicoeducazione come trasferimento di competenze, strategie di contenimento emotivo per ridurre lo stress e favorire il benessere del sistema famiglia). L’esperienza del «Caffè Alzheimer Torino» come intervento psicosociale rivolto al caregiver di pazienti con demenza CHIARA MOFFA Associazione A.S.V.A.D 13.30-14.00 Testimonianze di caregiver familiari
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Scusate. Non entro nel merito della storia raccontata. Non entro, men che meno, nel merito della questione "eutanasia". Mi fermo a un FATTO . Oggettivo. Nel giro di pochi giorni, lo stesso quotidiano e lo stesso articolista pubblicano, e con notevole risalto, due storie che collegano senza mezzi termini "Sclerosi multilpla" e " scegliere l'eutanasia". Ora. Non mi si venga a dire che i giornalisti sono giornalisti e che il loro mestiere è dare le notizie. Una storia, intanto, non necessariamente - per fortuna - è una notizia. Anche tutta una serie di agganci, di riferimenti, di particolari che sono riportati nella storia ( assolutamente leciti e sicuramente veri) e che hanno uno spessore e un senso e un significato IN QUELLA PARTICOLARE storia, assurgono per il fatto stesso di essere raccontati su un giornale, in Tv, in rete, a notizia e fatto essi stessi. Il racconto di storie come queste , naturalmente e per fortuna, avviene con il consenso e secondo il giusto desiderio- dal loro punto di vista- dei protagonisti raccontati. Ma che ne è dei lettori? In particolare dei lettori ammalati della stessa malattia e delle loro famiglie? Non è detto, non è affatto detto, che quello che si genera, si sviluppa e matura in un certo contesto, e che lì ha un suo significato, sia colto nello stesso modo in un contesto completamente diverso. Diciamo la verità: il lettore , in questo caso, subisce passivamente SENZA PREPARAZIONE, SENZA INFORMAZIONI DI CONTORNO, SENZA CONTRADDITTORIO O CONTRALTARE l'impatto di una notizia che può avere effetti negativi e negativissimi. Senza contare che la pubblicazione così, per coincidenza (?!), di queste due scelte radicali di ammalati di sm è il modo migliore per instillare nel sentire comune il fatto che questa malattia sia un'autostrada diretta e garantita per la tragedia senza sbocchi. Io capisco tutto. Specialmente le scelte delle due persone raccontate, a cui va tutta la mia simpatia e il mio affetto. Non capisco per nulla, però, come un giornalista o un giornale non si rendano conto di come dare notizie IN QUESTO MODO sia un entrare a gamba tesa nelle vicende più intime e personali di moltissime persone e delle loro famiglie, configurando un fallo grosso come una casa. E questo, mi piace precisarlo, vale anche per tutti quei casi in cui sono storie di segno esattamente opposto che vengono squadernate nella piazza della informazione: pezzi, servizi e post che sbattono in prima pagina casi umani che vogliono essere a tutti i costi " edificanti" e apologetici. Con la conseguenza di generare nel pubblico di cui sopra danni uguali e contari a quelli evidenzati prima. Chi si trova nella situazione -certamente non voluta e non amata- di affrontare in prima persona o in accompagnamento il viaggio indesiderato della malattia, sa benissimo che non c'è niente di piu' intimo, personale e vitale del proprio stesso viaggio, e che ogni grossolano intervento dall'esterno ha lo stesso risultato disastroso che ha un elefante in un negozio di cristallerie. Spero che La Stampa e il suo articolista vogliano ripensarci e cercare di rimediare. www.lastampa.it/2016/03/08/italia/cronache/eutanasia-in-viaggio-con-susanna-vi-racconto-i-miei-ultimi-istanti-di-vita-yZIlB1I1M7EgaDFFwMnotJ/pagina.html Ok.
Ci possono essere giornate di tempesta. Uno ci si oppone come può, al montare delle onde. Prende due precauzioni. Mette qualche riparo. Ritira qualcosa che potrebbe essere spazzata via. Se poi la mareggiata arriva, pace. A quel punto, non serve fare drammi. Tanto vale restare , prendersela tutta e guardarla passare:col vento che urla e tutto che si squassa. Passare, passa sempre. www.facebook.com/luciano.strano1/videos/10211986115946196/ . Per quanto tu ti senta stanco,
incavolato e con il mondo intero addosso, tira su la testa. Alza lo sguardo dal tuo ombelico. Ti sembrerà una bestemmia : ma non è lì, la tua giornata. |
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